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La­vo­ro pre­sen­ta­to in oc­ca­sio­ne del Con­ve­gno

ALLE RA­DI­CI DEL­L’O­DIO. UN’A­NA­LI­SI DEL FE­NO­ME­NO TER­RO­RI­SMO

Mi­la­no, 13 mag­gio 2006 

 

 

TER­RO­RI­SMO: CON­SI­DE­RA­ZIO­NI  PSI­COA­NA­LI­TI­CHE 

 

 

La  “So­cietà In­ter­na­zio­na­le di Psi­coa­na­li­si” (IPA), dopo l’11 set­tem­bre 2001, ha posto ad un grup­po di psi­coa­na­li­sti una serie di do­man­de sul ter­ro­ri­smo.  Ne è nato un testo: <Vio­len­ce or Dia­lo­gue>, pub­bli­ca­to a Lon­dra nel 2003 dal­l’In­ter­na­tio­nal Psy­choa­na­ly­tic Li­bra­ry ,  oggi tra­dot­to in Ita­lia­no. 

Quel­le do­man­de sono:  <Cosa può dire la Psi­coa­na­li­si sul fe­no­me­no chia­ma­to ter­ro­ri­smo?> ;  

<In quan­to psi­coa­na­li­sti, pos­sia­mo cer­ca­re di spie­ga­re come nei ter­ro­ri­sti, re­li­gio­si , et­ni­ci, e po­li­ti­ci, ap­par­te­nen­ti a grup­pi gui­da­ti da lea­ders ca­ri­sma­ti­ci, la psi­co­lo­gia in­di­vi­dua­le sia for­te­men­te in­ter­cor­re­la­ta a quel­la dei loro grup­pi?>;   

<Pos­sia­mo, noi psi­coa­na­li­sti, cer­ca­re di con­si­de­ra­re e in­ter­pre­ta­re  realtà che sono es­sen­zial­men­te di na­tu­ra so­cio­po­li­ti­ti­ca?>; 

 <Pos­sia­mo fa­vo­ri­re la com­pren­sio­ne del fe­no­me­no nella sua com­ples­sità, e di­ven­ta­re utili nella messa in opera di stra­te­gie di­fen­si­ve ef­fi­ca­ci?> 

 

Se pro­via­mo a ri­spon­de­re, prima di tutto ri­ma­nia­mo per­ples­si da­van­ti  al  pro­ble­ma della de­fi­ni­zio­ne :  

< Chi pos­sia­mo chia­ma­re ter­ro­ri­sta?>.   

Se te­nia­mo conto del fatto che non esi­ste una de­fi­ni­zio­ne uni­ver­sal­men­te ac­cet­ta­ta del ter­mi­ne ter­ro­ri­smo, pro­via­mo co­mun­que a se­gui­re l’in­di­ca­zio­ne del Di­par­ti­men­to di Stato ame­ri­ca­no: <L’at­to ter­ro­ri­sti­co è una vio­len­za pre­me­di­ta­ta e po­li­ti­ca­men­te mo­ti­va­ta, con­tro obiet­ti­vi non com­bat­ten­ti, da parte di grup­pi in­fra­na­zio­na­li, o agen­ti clan­de­sti­ni, al fine di in­fluen­za­re una po­po­la­zio­ne>. 

Poi, però,  leg­gia­mo in Sal­man Akh­tar, uno degli au­to­ri di <Vio­len­ce or Dia­lo­gue>,  che si deve in­tro­dur­re una prima di­stin­zio­ne tra un “Ter­ro­ri­smo dal­l’al­to”, da parte dei go­ver­ni  che si le­git­ti­ma­no , e un “Ter­ro­ri­smo dal basso”, da parte di grup­pi con­tro go­ver­ni e isti­tu­zio­ni ri­te­nu­ti in­giu­sti e op­pres­si­vi. 

 Men­tre un altro stu­dio­so del fe­no­me­no, P. Wald­mann , uti­liz­za altre di­stin­zio­ni: quel­la di “Ter­ro­ri­smo” (dal basso), e “ Ter­ro­re” (dal­l’al­to).  

Dun­que, il ter­ro­ri­smo non ci ap­pa­re più ap­pan­nag­gio esclu­si­vo di grup­pi in­fra­na­zio­na­li, cioè  non sta­tua­li 

(Il ter­ro­ri­smo spon­so­riz­za­to dallo stato, la guer­ra per pro­cu­ra, è sem­pre esi­sti­to: era una pra­ti­ca con­so­li­da­ta a Roma, a Bi­san­zio, in Eu­ro­pa, e in Asia ... Nella sto­ria mo­der­na, basta pen­sa­re a Mus­so­li­ni che fece uso degli estre­mi­sti croa­ti e dei “ca­gou­lards” fran­ce­si con­tro i ne­mi­ci po­li­ti­ci in esi­lio…Il ter­ro­ri­smo sta­tua­le è di scena da sem­pre , e il ter­ro­re può ar­ri­va­re a di­ven­ta­re l’e­le­men­to su cui si fonda l’e­co­no­mia e la po­li­ti­ca di un paese.  L’U.R.S.S., sotto Sta­lin, con­dan­na ai gulag circa cin­quan­ta mi­lio­ni di per­so­ne, che di­ven­ta­no una straor­di­na­ria forza la­vo­ro che as­sor­be il 10% degli in­ve­sti­men­ti pub­bli­ci, e rap­pre­sen­ta più del 5% del pro­dot­to in­ter­no lordo, di­ven­tan­do una sorta di mo­del­lo eco­no­mi­co co­strui­to sulla re­pres­sio­ne e sul ter­ro­re.)